AI. Più domande e meno certezze

Difficile avere certezze sull’AI.

All’indomani dell’esplosione del dibattito, che ha fatto seguito alla “silenziosa” proliferazione di applicazioni AI per computer, tablet e smartphone, la sensazione è di trovarsi persi in una foresta primaria.

Una foresta nella quale è difficile trovare un sentiero che ci conduca fuori dall’intricata rete di rami e foglie, stimoli sonori e visivi, pensieri, sentimenti ed emozioni, che si affollano nella mente e affaticano il corpo.

Nel nostro caso la complessità non è data dalla presenza di meravigliosi quanto temibili animali o insetti, o dalla maestosità delle piante secolari che si attorcigliano le une sulle altre alla ricerca di luce e di vita.

Qui si tratta di oggetti digitali che prendono la forma di pensieri, opinioni, immagini e suoni che si susseguono ad una velocità tale da sovrapporsi gli uni sugli altri. Lasciando dietro sé solo un scia di fumo tenue, un brusio di fondo, una confusione generale che si traducono nella sensazione di costante spaesamento.

Siamo tutti coinvolti e indietro non si torna.

In una situazione così complicata, il rischio  è di cadere nella semplicità dei luoghi comuni. Le opinioni tranchant sono sempre in agguato, ma di rado aiutano a capire.

Il nostro mestiere ci impone di essere vigili e attenti. Non siamo opinionisti o commentatori, siamo o dovremmo essere, “professionisti” del pensiero critico.

Adesso è necessario lasciare da parte le certezze fossilizzate dentro le opinioni del momento; per fare spazio alle DOMANDE.

Per esempio:

Cosa possiamo fare con l’AI?

Come possiamo spiegare questo argomento o realizzare una presentazione efficace?

I nostri studenti  come possono interagire efficacemente con questi nuovi sistemi per la creazione di contenuti? In che modo?

Quali competenze si possono sviluppare grazie ad un approccio collaborativo tra uomo e macchina? E come possiamo ottimizzarne i risultati in classe?

Quali facoltà del pensiero possiamo stimolare e potenziare?

L’AI può aiutarci ad abbattere le barriere all’apprendimento e diventare uno strumento inclusivo? Se la risposta è affermativa, in che modo?

E ancora:

Quali sono i contesti di maggiore applicazione dell’AI?

Come possiamo difenderci dai rischi che comporta un uso massivo dell’Intelligenza Artificiale.

E’ possibile riconoscere un prodotto, una immagine, uno scritto, un video, una canzone, quando sono realizzati con l’AI? Se si quali sono i criteri di discriminazione?

Possiamo lavorare per stimolare nei nostri studenti la capacità di analisi necessaria per imparare a riconoscere un prodotto autentico da uno fittizio?

E in questo contesto che significato diamo alle parole “autentico” e “fittizio”?

Non c’è nessuna teoria che possa rispondere compiutamente a queste e alle infinite domande che possiamo porci. L’unica risposta è la pratica, l’unica dimensione è quella concreta. Una volta entrati in una qualsiasi piattaforma che implementi AI mettiamo le mani in pasta e iniziamo a porci domande. Le nostre domande. Discutiamole assieme e condividiamo i risultati.

Solo così, dopo tanto tempo potremo rispondere alla domanda su che cosa è l’intelligenza artificiale. Solo così, riusciremo a comprenderne la portata e a contribuire al suo utilizzo nei più svariati contesti e secondo gli scopi più virtuosi.

Potrebbero interessarti anche...